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2023-05-05Enrico Damiani: Kochanowski - l’Orazio polacco
Giovanni Kochanowski è venerato in Polonia come il padre della poesia nazionale. Prima di lui infatti il popolo polacco non aveva ancora avuto, nel campo della produzione letteraria in generale e in quello della poesia in particolare, che lavori per lo più d’imitazione o addirittura di traduzione da modelli stranieri.Kochanowski iniziò, con una serie di canti rimasti immortali la schiera lunga e gloriosa dei grandi poeti originali, cui la letteratura polacca deve precipuamente il suo rapido assurgere alle altezze delle più progredite letterature mondiali.Il periodo di Kochanowski è il periodo del rinascimento polacco, che sotto l'influenza dell’umanesimo dilagante dall'Italia s’inizia in Polonia durante il regno illuminato di Sigismondo Augusto. Il suo secolo è passato alla storia come il secolo d’oro della letteratura polacca.
Accanto al nome di Kochanowski brilla di luce particolare in questo tempo, fra î primi bagliori dell’orizzonte letterario nazionale, tutta una serie di rimatori e scrittori autorevoli (Rej, Gornicki, Scaraynski, ete.).Giovanni Kochanowski nacque in un paesetto della Polonia centrale nel 1532 e morì nel 1584. Egli appartiene a una famiglia di letterati: il nome d’un suo mipote, Pietro Kochanowski, è rimasto immortale come il suo per le meravigliose traduzioni poetiche della « Gerusalemme liberata » e dell’« Orlando furioso », degne per la bellezza della forma e la perfezione della lingua di rivaleggiare coi pregi d’arte dei testi originali.Figlio di agiati possidenti della piccola nobiltà, Kochanowski compì i suoi studî a Cracovia, a Padova, a Parigi. Visitò Venezia, Roma, Napoli. Il lungo soggiorno in Italia gli impresse tracce profonde nella mente e nel cuore e foggiò in maniera definitiva il suo genio di poeta.
Tornato in Polonia, tentennò varî anni fra le incertezze dell’in- dirizzo da dare alla propria vita, allettato sovente da lusinghiere offerte di brillante carriera da parte della Corte Reale; ma poi finà con abbandonare ogni lustro di onori civili, militari o ecclesiastici per ritirarsi, attratto solo dal fascino della natura e dalla quiete dei campi, nella propria avita terra di Czarnolas. Quivi, ammogliatosi, divenuto presto padre di numerosa prole, potè, nella placida serenità del suo eremo campestre e dei suoi affetti famigliari, dar libero sfogo al suo estro di pocta,. È questo il periodo della sua massima produzione letteraria. Uome poeta egli s'era già affermato peraltro da varî anni con la pub- blicazione di alcuni componimenti polacchi (quali: « Concordia » e «Il satiro »), che ne avevano subito rivelato il genio non comune. Aveva composto anche elegie latine e successivamente altri canti polacchi, quali: « Gli scacchi », a imitazione dello « Scacchia ludus » di Vida, « Il vessillo », ete. Negli anni del suo ritiro a Czarnolas la sua produzione letteraria aumenta smisuratamente. In questo periodo han vita la maggior parte dei suoi « Canti », le sue « Fraszki » (Strofe), la sua mirabile traduzione del « Salterio di Davide », la tragedia: «Il rinvio degli ambasciatori greci », e i « Lamenti ».
Kochanowski fu un umanista: numerosi sono i suoi componimenti latini, svolti su modelli classici. Ma la sua vera gloria, il suo massimo titolo d’immortalità sono i suoi canti polacchi, nei quali, sia pure appoggiandosi formalmente a esempi dell'antichità classica, egli s’emancipa definitivamente da ogni servilismo d’imi- tazione e perviene a dare alla propria lingua materna una forma— d’arte perfetta, quale non s'era mai avuta prima di lui, e alla letteratura nazionale capolavori degni di gareggiare coi capolavori dellemigliori letterature straniere. Egli apre così la via al successivo sviluppo artistico e alla rapida affermazione della letteratura polacca.Non è mio proposito nè mio compito occuparmi qui delle sin-gole produzioni poetiche di Kochanowski, nè tanto meno di quelle latine. Mi basterà accennare come Kochanowski, sommo lirico, fu *grande anche per una serie di odi, satire, elegie, fu elegante poeta.
Kochanowski li intitolò con termine greco polonizzato: Treny. I threni 0 epicedii (da Opeviw = mi lamento; xijdopar = mi dolgo) sono, nelle letterature dell'antichità classica, componimenti poetici scritti in occasione della morte di qualcuno. Varî nel metro, si compongono di alcune parti essenziali: elogio del defunto, narrazione della morte, compianto del poeta, consolazione, rievocazione, ecc.
Tutti questi elementi, tipici degli epicedii antichi e umanistici, sì ritrovano nei « Lamenti » che Kochanowski serisse e pubblicò nel 1580. Ma quello che è assolutamente particolare in essi e che non si riscontra generalmente in componimenti simili è il contenuto profon- damente umano, nel quale si rispecchia mirabilmente Vinconsolabile dolore del padre per la morte della sua creatura. Dettò infatti a Kochanowski i suoi « Lamenti » Vimpeto della disperazione per la perdita d'una sua figliuoletta di poco più che due anni. Il dolore paterno è espresso, in una forma d’arte che non ha precedenti, în una serie di diciannove poesie, nelle quali, se pur non manca qua e là qualche artificio retorico, qualche voluta coloritura di tinte a puro fine estetico, nota dominante e caratteristica è pur sempre la schietta, vibrante, commovente espressione d’un pianto che sgorga dall’animo e all’animo parla in note ispirate. La lingua, da Kochanowski per la prima volta immortalata in tale forma d’arte, è già una lingua letteraria perfetta cd è sostanzialmente, salvo minuscole varianti, la stessa di Mickiewiez, di Slowacki, di Krasinski, in una parola: la stessa d’oggigiorno.
La figura della piccola adorata estinta, tema nuovo per un. componimento poetico, risulta mirabilmente tracciata, a traverso il pianto del poeta: prende a poco a poco forma e colore nei suoi versi, appare agli occhi del lettore in tutti è suoi pregi, in tutte le sue grazie, in tutte le sue caratteristiche, così quale la ricorda il desolato cuore paterno. La serie dei «lamenti » ci offre un quadro commovente di tutte le successive fasi psicologiche del dolore del poeta: nei diciannove canti, nei quali analizza Vanimo proprio, egli ha momenti di desolazione profonda, rievoca le virtù dell’estinta, le frustrate spe- ranze în essa riposte, cerca disperatamente un conforto, un sollievo, alle proprie pene, e lo trova alla fine nella religione, nella fede, nella convinzione che la sua Orsula non è morta, ma vive, vive in eterno, in una vita incomparabilmente più bella e più felice, in una vita che non conosce dolore, vecchiezza, morte, e nella quale egli stesso sì ricongiungerà presto con lei.
Come ho già rilevato, questi « Lamenti » sì scostano profondamente, nel loro insieme, da consimili componimenti dell'età classica e dell’epoca umanistica, superando di gran lunga ogni altro ciclo di epicedii ed allontanandosi sostanzialmente dall’imitazione dei mo- delli esistenti. Per la rara bellezza della forma e la profondità della ispirazione essi potrebbero venir forse avvicinati soltanto ai Sonetti del Petrarca in morte di Madonna Laura, che furono conosciuti da Kochanowski. Elegiaci pel contenuto e per l'intonazione, sono ori- ginali pel metro e per la forma poetica.
I « Lamenti » divennero presto popolari fra i Polacchi e inalzando Kochanowski alla gloria di massimo poeta nazionale, ne dif- fusero rapidamente la jama anche fuori dei confini della patria. Egli ju chiamato Ronsard polacco. La sua mentalità, il suo spirito, la sua amima hanno in sè qualche cosa di profondamente latino, che a noi l’avvicina in modo particolare e ce lo fa amare anche come un mostro poeta.
Come un autentico capolavoro considerarono i « Lamenti » è più autorevoli letterati polacchi, da Matteo Sarbiewski, che, chiamando Kochanowski l’Orazio polacco, spingeva il suo entusiasmo fino all’esagerazione di ritenerlo superiore a Dante e Petrarca per da bellezza della lingua e dei pensieri, ad Adamo Mickiewicz, che nelle sue lezioni parigine affermava di non conoscere in alcuna letteratura nulla che potesse ésser paragonato ai « Lamenti » di Kochanowski e ne considerava Vautore come un fenomeno nella letteratura, senza predecessori nè imitatori ((1) Mickiewicz. Cours de littérature slave professé au Collège de France (362 lezione).
A vero dire, imitatori ebbe Kochanowski, e originò amzi una sequela interminabile di autori di Treny, da Klonowic, Wiseniowski, Chlebowski, Piotrowski, fino a Kniaznin, il quale non solo imitò, ma tradusse anche direttamente in latino è « Lamenti », fino a Za- blocki, che li imitò in una serie di lamenti sulle sventure della Polonia smembrata (fine del sec. XVIII) e, si potrebbe anche dire, fino a Slowacki, che nel suo ciclo: « In Svizzera » compose una serie di elegie in morte d’un’immaginaria moglie.
Ma le parole di Mickiewicz debbono essere intese nel senso che nessun imitatore ebbe Kochanowski che sia riuscito a creare nello stesso genere letterario elegie paragonabili ai suoi « Lamenti ».
Sotto un certo punto di vista anche il contemporaneo Żeromski, di cui la Polonia piange ancora la morte recente, può esser anno- verato in questa lunga schiera di seguaci, poichè anch'egli, in una serie di lamenti in prosa, di profondo sentimento poetico, trasfuse il suo dolore per la morte d’un figlio.
Particolare importanza hamno pei Polacchi questi capolavori di Kochanowski, in quanto essi sono i primi grandi monumenti poetici di tutte le letterature slave e attestano quindi, come tali, la maggiore antichità della poesia polacca come forma d’ arte riflessa.
La mia traduzione cerca di rispecchiare, con scrupolosa fedeltà, il testo polacco nelle forme metriche italiane che meglio s’adattano, a mio parere, a riprodurre volta per volta la sostanziale armonia dei versi originali, conservando anche la medesima disposizione di rime. Unica eccezione ho fatto pel Lamento XVII, che nel testo polacco è a rime baciate, poichè una tale disposizione di rime m'è sembrata incompatibile con l’armonia dell’ottonario italiano (1).
Se la lingua italiana che ho usato nella mia traduzione può sembrare a qualcuno troppo moderna, non dimentichi il lettore che la lingua di Kochanowski è, come ho già rilevato, sostanzialmente la stessa di oggi e l’uso di forme arcaiche italiane nella traduzione sarebbe stato în contrasto con la piana, schietta, limpida modernità della lingua del poeta polacco.
Mi sia concesso infine di esprimere una calda parola di gratitudine al Prof. Roman Pollak, alla cui costante e fraterna assi- stenza debbo se son riuscito a interpretare in ogni minima sfumatura il non facile testo polacco e alla cui approvazione ho voluto sottoporre la mia versione poetica prima di licenziarla alle stampe.
Roma, giugno 1926. Enrico DAMIANI.
(1) Una traduzione in endecasillabi sciolti del Lamento VIII e d’un brano del Lamento XIX è stata eseguita varî anni or sono da L. Orsini e pubblicata nell'opera: « Poeti stranieri lirici epici drammatici, scelti nella versione italiana da L. Morandi e D. Ciampoli » (Leipzig, R. Gerhard, 1902;
‘ vol. 1°). Qualche brano di Lamenti è pure citato, in traduzione italiana, nello seritto di Tancredi Canonico: « La Polonia nel suo popolo e nei suoi pooti » (Rivista Contemporanea Nazionale Italiana, marzo 1865) e nel volume di Teofilo Lenartowiez: « Sul carattere della poesia polono-slavo» (Firenze, Barbera, 1886).
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